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Comunicato Rete Diritto alla Città per denunce su rioccupazione Scup
Comunicato Rete Diritto alla Città per denunce su rioccupazione Scup
Il 7 maggio 2015, all’alba, veniva sgomberato SCUP, spazio occupato a San Giovanni. Il 7 maggio 2015, al tramonto, veniva occupato il nuovo SCUP da un corteo cittadino che denunciava lo sgombero, ma anche l’arroganza e le procedure anomale utilizzate dalla proprietà a scapito della volontà di un intero territorio.
Nelle ultime ore stanno sopraggiungendo decine di denunce per quei fatti. La celerità, generalmente anomala alla magistratura romana, ci restituisce l’idea che evidentemente quella giornata non sia andata molto giù all’amministrazione, al prefetto e alle forze dell’ordine.
In effetti, ammettiamo, che le facce basite della questura siano un ricordo piacevole di quel pomeriggio. Ma ancor più soddisfacente è stato vedere tanti e tante, dopo essere stati tutta la mattina sotto al sole inermi a vedere le ruspe fare a pezzi Scup, attraversare le strade di San Giovanni con il preciso intento di non far precipitare nelle macerie la ricchezza che quello spazio ha significato per il territorio.
Nato da quella voglia collettiva, infatti, Scup ha ritrovato non solo casa, ma una vera complicità con la Roma solidale. Una soluzione di continuità che leggiamo come una piccola ma significativa vittoria, e certo non scontata nella fase che stiamo attraversando. Una fase che a suon di sgomberi, intimidazioni, ammende economiche e svendita del patrimonio pubblico al miglior offerente privato, sta determinando un tabula rasa ed un’aperta guerra agli spazi sociali.
Come rete per il diritto alla città abbiamo ben chiaro che le coercizioni che gli spazi sociali ed i suoi attivisti subiscono sono il ritratto di un cambio di paradigma più generale. Non è una casualità che proprio in questi giorni di afa, la giunta Marino (sotto lo scacco direttivo della segreteria nazionale del PD), stia sancendo la definitiva messa a bando di un gran numero di servizi, dal trasporto alla gestione dei rifiuti, per citarne qualcuno. Così, mentre i romani in questi giorni afosi trovano rinfresco tra i nasoni di Roma (ancora per poco pubblici), la versione renziana della giunta Marino sta meschinamente predisponendo una sicura – ma non piacevole – doccia gelata per settembre che spazzerà definitamente quel poco che rimaneva dei servizi pubblici, di tutele sociali, garanzie e diritti. Mentre il vergognoso scempio di Mafia Capitale ha lentamente consumato, depauperato e spremuto fino al midollo le casse del Campidoglio rendendo proficue persino le emergenze sociali, Roma viene investita dall’ignaro compito di essere archetipo e modello da seguire per risanare il dilapidato debito di bilancio comunale. E allora ecco che parallelamente a qualche bacchettata moralista contro il corrotto di turno e alla privatizzazione strategica delle politiche sociali e dei servizi, compaiono grandi e piccoli processi speculativi che in nome della rendita finanziaria ed immobiliare cementificheranno
ettari di verde a Roma Sud per costruire il “necessario” stadio della Roma, costruiranno centri commerciali a Tor Pignattara, capovolgeranno la città in nome della candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024.
Siamo di fronte ad una città allo sbaraglio, dove le sacche di resistenza, di denuncia politica e contrarietà vengono pedissequamente colpite in termini repressivi, mentre il resto di Roma si trova nel mezzo tra l’incudine del populismo grillino e il martello di una destra fascista che rimodula il suo pericoloso intervento politico e sociale. Una città che nel sociale cavalca la dottrina del decoro scambiando e riducendo il concetto di “qualità della vita” a quello della “sicurezza” e nel politico istituzionale propone l’uscita neoliberista di Mafia Capitale.
Che la situazione fosse complicata lo sapevamo da tempo ed è per questo che è da altrettanto tempo che stiamo sperimentando e scommettendo su forme nuove di rapporti sociali, su nuovi processi di definizione delle relazioni, di complicità, di mutualismo e di cooperazione che provino a ristabilire un equilibrio ed un’equità sociale che ad oggi è ridotta all’osso. L’esperienza di Roma Comune è stata solo l’inizio e non saranno certo le ennesime denunce intimidatorie che fermeranno le nostre rivendicazioni.
RETE DIRITTO ALLA CITTA’
Dagli Spazi sociali alle Reti solidali Pratiche del comune contro la Roma della speculazione e di Mafia Capitale
Mentre il nuovo scandalo di Mafia Capitale continua a mostrare la vera faccia di un’amministrazione comunale clientelare e corrotta che fa di ogni emergenza sociale un’occasione per fare affari, la tanto invocata “legalità” – sbandierata in primis dalla gestione prefettizia di Gabrielli – continua ad imporsi alle realtà che a Roma si autorganizzano, dimostrando che la qualità e la differenza delle pratiche di autogoverno attive sul territorio non sono tollerate in quanto vero ostacolo tra la città e la sua trasformazione all’insegna della rendita e della speculazione.
Oggi più che mai si fa evidente il paradosso: illegale è quindi chi costruisce tessuto sociale, cultura e welfare dal basso, e a sanzionare questa “illegalità diffusa” è un’amministrazione comunale che mostra la sua incompatibilità con le esigenze concrete di chi la abita e di chi se ne occupa. Un sistema che produce precarietà, impoverimento, segregazione, corruzione e speculazione che può essere arginato solo attraverso l’implementazione di nuove pratiche del comune, nuove relazioni solidali, modalità inedite di mutualismo dentro la crisi, di riappropriazione della decisione sui territori, di risorse e servizi, di difesa e moltiplicazione degli spazi sociali.
“Né pubblico, né privato: comune!” Ne abbiamo fatto la nostra parola d’ordine perché vogliamo partire dall’evidenza che gestione pubblica e privata costituiscono, ormai, due facce della stessa medaglia. Come spazi e laboratori sociali di Roma crediamo sia necessario imporre una svolta al pericoloso tentativo di “riscrittura” delle nostre città. Un tentativo che non tocca soltanto gli spazi sociali ma coinvolge la società tutta. Non ultimo il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale, dove la produzione di “precari” posti di lavoro è barattata con una mera esecuzione asettica di politiche di salvaguardia delle emergenze piuttosto che di risoluzione effettiva.
Abbiamo la necessità di interpretare e condividere ciò che avviene nella società ed articolare una risposta che non sia mera retorica antagonista mirata all’autoconservazione dell’esistente, ma che rimetta al centro la questione di chi decide in questa città. Sentiamo l’esigenza di valorizzare collettivamente, attraverso la scrittura di un Carta, le esperienze di autogestione, perché non è lo spazio delle istituzioni pubbliche quello che ci interessa, né tantomeno la sterile resistenza agli attacchi che riceviamo in totale continuità con i processi attivi sulla città, ma l’allargamento e la costruzione di nuovi spazi decisionali, nuova cooperazione sociale, nuova organizzazione di indipendenza in grado di diventare un’opzione credibile di risposta alla miseria che ci circonda.
Per questo invitiamo tutte le realtà che articolano un ragionamento sulla cooperazione e l’indipendenza, che sperimentano forme di lavoro senza padroni, che producono in una dinamica autogestita e nel mutualismo, che praticano la solidarietà attiva tra soggetti sociali, che operano nel mondo della cultura e del lavoro cognitivo sfruttato e deregolamentato, che si battono contro le speculazioni, contro le privatizzazioni e per i beni comuni, per il diritto all’abitare, per la difesa del territorio e dell’ambiente, per i diritti nel mondo del lavoro, a un confronto pubblico sulla città e sulle vite di chi la abita, e che, oggi più che mai, ci dobbiamo riprendere!
Rete per il Diritto alla Città
Assemblea pubblica 20 Giugno Ore 17
Stay tuned!!
OFF – FESTIVAL DEL CINEMA CHIUSO ed. 2014
FESTIVAL DEL CINEMA CHIUSO OFF ed. 2014
Anche quest’anno torna, nei giorni della decadente parata del business cinematografico all’auditorium, il Festival del Cinema Chiuso OFF.
Dal 16 al 25 Ottobre la cultura resistente ed indipendente sarà nelle strade, nelle piazze, negli spazi sociali – continuando a sperimentare pratiche di riattivazione urbana e ad immaginare traiettore di liberazione e riappropriazione.
L’apertura del Festival toccherà due emblematici cinema del Pigneto, il Preneste e l’Avorio – il primo liberato e sottratto alla speculazione da quattro anni, il secondo abbandonato e chiuso nonostante possa e debba essere un presidio culturale e sociale in un territorio ricco di problematiche e di contraddizioni.
Giovedì 16 Ottobre dalle ore 17.00 davanti al CINEMA CHIUSO AVORIO nel quartiere Pigneto.
EVENTO FB: https://www.facebook.com/events/1479934132290243/
Sabato 18 al CINEMA PRENESTE OCCUPATO GPRV in via Alberto da Giussano dalle ore 20.00
EVENTO FB: https://www.facebook.com/events/1499276290339100/
La settimana successiva le iniziative si diffonderanno nella città, anche per denunciare i gravi sgomberi degli ultimi mesi – come quello del Cinema Volturno, uno dei nodi della rete OFF – e gli attacchi alla cultura indipendente.
► 25 OTTOBRE - CINEMA PRENESTE GPRV
Il Festival si concluderà con un brindisi ed una cena ed un dibattito sulla cultura indipendente a partire dalla presentazione di “lotta di classe sul palcoscenico”, a seguire la rassegna di musica indipendente MUSIQUE vol.1 – EVENTO FB: https://www.facebook.com/events/1547652698780678/?fref=ts
Per info: http://offestivalcinemachiuso.wordpress.com/
Di seguito il COMUNICATO DI CONTESTAZIONE PERFORMATIVA di fronte al Cinema Metropolitan Chiuso in occasione della CONTRO-CONFERENZA di apertura di
OFF – FESTIVAL DEL CINEMA CHIUSO 2014 contrapposta alla CONFERENZA di apertura del FESTIVAL DEL CINEMA DI ROMA 2014:
Roma è un deserto culturale!!!
In questo modo si presenta la città in cui viviamo.
Una città dove spazi di libera creazione e distribuzione, il cui prodotto sia accessibile a tutte e tutti, semplicemente non esistono.
Una città in cui la formazione, dai saperi artistici a quelli artigianali passando per quelli relativi alla sanità, all’assistenza, ai mestieri, in generale la conoscenza, è alla portata esclusiva di una ristretta fascia, abbiente, di popolazione.
Una città in cui mancano i servizi sociali essenziali per uno sviluppo comunitario, ma non sono certo pochi gli investimenti operati per il benessere di una élite già abbondantemente “coccolata” sia dai favori di un settore pubblico particolarmente accondiscendente, sia dai grandi profitti riscossi dal privato.
Una città in cui ogni genuino movimento di autodeterminazione sulle nostre vite, viene continuamente e solertemente stretto nella morsa della speculazione privata e della repressione “legale” poliziesca.
Della desertificazione culturale romana, di cui la giunta comunale ne è la fiera per quanto tacita portabandiera, la situazione delle sale cinematografiche chiuse è quanto mai emblematica.
Sono oltre quaranta i cinema chiusi, collocati in quartieri popolari che ora come mai soffrono gli effetti delle politiche di austerità con la ulteriore diminuzione dei già risicati servizi, dai trasporti alle biblioteche.
Ebbene, dopo decenni di indifferenza delle amministrazioni e di attese dei palazzinari, finalmente è arrivato il momento giusto per poter “battere cassa” e, a scapito proprio di precedenti mobilitazioni dal basso su questa tematica, ora qualcosa si muove.
E si muove nella peggiore delle direzioni.
Importanti esperienze di riattivazione, come i cinema e i teatri occupati, i centri di cultura indipendente e i luoghi di autorganizzazione dei movimenti per il diritto all’abitare, sono state sgomberate.
Nel frattempo, si fanno largo progetti di “riqualificazione” di stampo prettamente commerciale, destinando luoghi adibiti alla cultura ad altre attività (centri commerciali, bingo e ristoranti sono solo alcune delle nobili varietà), alle volte con varianti della già pessima delibera nuova cinema paradiso che consente il cambio di destinazione d’uso per il 40% della superficie.
In questo rinnovato interesse speculativo vanno ricondotte anche atti amministrativi che taluni hanno forse ingenuamente letto come risultati positivi.
La c.d. “delibera Franceschini” sulle sale dismesse, ad esempio, non impone affatto alcun vincolo o alcuna tutela alle sale storiche oltre a quanto già disposto dalla normativa, bensì stabilisce un censimento che rischia di essere un primo passo per un “assalto” ai cinema chiusi, anche attraverso un generico fondo di 12 milioni di euro per il sostegno alla riapertura delle sale senza vincolarne le modalità (magari una sala da cento posti e quaranta negozi).
Quanto sta accadendo riguardo ai cinema chiusi è emblematico di una città dove la cultura è sotto attacco (da quella elitaria del teatro dell’opera all’arte di strada), dove viene negato il diritto alla città, dove gli interessi di pochi prevalgono sui diritti di molti e dove l’amministrazione locale e nazionale, con il sorriso e l’ipocrisia democratica, arrivano oltre a quello che ci avevano imposto anni di Alemanno e Berlusconi, dove sfratti e sgomberi sono divenuti ordinari episodi di ordine pubblico.
Ma quanto si è sviluppato nei e dai cinema occupati, così come in tantissimi spazi autogestiti, occupati e restituiti ai territori, è anche emblematico di quanto sia vasto e resistente un tessuto altro e conflittuale nella metropoli, di quanto sia radicata un’idea diversa di abitare la metropoli, di quanto sia vitale la produzione culturale autonoma e indipendente a fronte di un cultura “mainstream” sempre piu’ decadente.
Ed è anzitutto questo tessuto che animerà l’edizione 2014 di OFF – FESTIVAL DEL CINEMA CHIUSO DI ROMA
Un Festival che da quattro anni immagina traiettorie e sperimenta pratiche sociali e culturali di riappropriazione della metropoli.
Mentre il Festival del Cinema di Roma, che si svolgerà negli stessi giorni, annuncia di unificarsi per l’anno venturo al Fiction Fest e decide di proporre come evento clou la proiezione di “Soap Opera”, altrove batte la vivacità culturale, antagonista al binomio cultura-intrattenimento tanto caro agli architetti della città vetrina, bella solo per chi può permettersela, ma inutile a tutti e tutte.
E questo porteremo davanti ai cinema chiusi o quelli vergognosamente sgomberati, dentro quelli liberati che resistono, dentro spazi di riappropriazione collettiva.
Dal 16 al 25 Ottobre la cultura resistente ed indipendente sarà nelle strade, nelle piazze, negli spazi sociali, continuando a sperimentare pratiche di riattivazione urbana e ad immaginare traiettorie di liberazione e riappropriazione.
E non finisce qui…
E non è tutto…
# DIRITTO ALLA CITTA’
COMUNICATO AZIONE PERFORMATIVA DELLA CULTURA INDIPENDENTE DAVANTI AL METROPOLITAN
Roma è un deserto culturale!!!
In questo modo si presenta la città in cui viviamo.
Una città dove spazi di libera creazione e distribuzione, il cui prodotto sia accessibile a tutte e tutti, semplicemente non esistono.
Una città in cui la formazione, dai saperi artistici a quelli artigianali passando per quelli relativi alla sanità, all’assistenza, ai mestieri, in generale la conoscenza, è alla portata esclusiva di una ristretta fascia, abbiente, di popolazione.
Una città in cui mancano i servizi sociali essenziali per uno sviluppo comunitario, ma non sono certo pochi gli investimenti operati per il benessere di una élite già abbondantemente “coccolata” sia dai favori di un settore pubblico particolarmente accondiscendente, sia dai grandi profitti riscossi dal privato.
Una città in cui ogni genuino movimento di autodeterminazione sulle nostre vite, viene continuamente e solertemente stretto nella morsa della speculazione privata e della repressione “legale” poliziesca.
Della desertificazione culturale romana, di cui la giunta comunale ne è la fiera per quanto tacita portabandiera, la situazione delle sale cinematografiche chiuse è quanto mai emblematica.
Sono oltre quaranta i cinema chiusi, collocati in quartieri popolari che ora come mai soffrono gli effetti delle politiche di austerità con la ulteriore diminuzione dei già risicati servizi, dai trasporti alle biblioteche.
Ebbene, dopo decenni di indifferenza delle amministrazioni e di attese dei palazzinari, finalmente è arrivato il momento giusto per poter “battere cassa” e, a scapito proprio di precedenti mobilitazioni dal basso su questa tematica, ora qualcosa si muove.
E si muove nella peggiore delle direzioni.
Importanti esperienze di riattivazione, come i cinema e i teatri occupati, i centri di cultura indipendente e i luoghi di autorganizzazione dei movimenti per il diritto all’abitare, sono state sgomberate.
Nel frattempo, si fanno largo progetti di “riqualificazione” di stampo prettamente commerciale, destinando luoghi adibiti alla cultura ad altre attività (centri commerciali, bingo e ristoranti sono solo alcune delle nobili varietà), alle volte con varianti della già pessima delibera nuova cinema paradiso che consente il cambio di destinazione d’uso per il 40% della superficie.
In questo rinnovato interesse speculativo vanno ricondotte anche atti amministrativi che taluni hanno forse ingenuamente letto come risultati positivi.
La c.d. “delibera Franceschini” sulle sale dismesse, ad esempio, non impone affatto alcun vincolo o alcuna tutela alle sale storiche oltre a quanto già disposto dalla normativa, bensì stabilisce un censimento che rischia di essere un primo passo per un “assalto” ai cinema chiusi, anche attraverso un generico fondo di 12 milioni di euro per il sostegno alla riapertura delle sale senza vincolarne le modalità (magari una sala da cento posti e quaranta negozi).
Quanto sta accadendo riguardo ai cinema chiusi è emblematico di una città dove la cultura è sotto attacco (da quella elitaria del teatro dell’opera all’arte di strada), dove viene negato il diritto alla città, dove gli interessi di pochi prevalgono sui diritti di molti e dove l’amministrazione locale e nazionale, con il sorriso e l’ipocrisia democratica, arrivano oltre a quello che ci avevano imposto anni di Alemanno e Berlusconi, dove sfratti e sgomberi sono divenuti ordinari episodi di ordine pubblico.
Ma quanto si è sviluppato nei e dai cinema occupati, così come in tantissimi spazi autogestiti, occupati e restituiti ai territori, è anche emblematico di quanto sia vasto e resistente un tessuto altro e conflittuale nella metropoli, di quanto sia radicata un’idea diversa di abitare la metropoli, di quanto sia vitale la produzione culturale autonoma e indipendente a fronte di un cultura “mainstream” sempre piu’ decadente.
Ed è anzitutto questo tessuto che animerà l’edizione 2014 di OFF – FESTIVAL DEL CINEMA CHIUSO DI ROMA
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Mentre il Festival del Cinema di Roma, che si svolgerà negli stessi giorni, annuncia di unificarsi per l’anno venturo al Fiction Fest e decide di proporre come evento clou la proiezione di “Soap Opera”, altrove batte la vivacità culturale, antagonista al binomio cultura-intrattenimento tanto caro agli architetti della città vetrina, bella solo per chi può permettersela, ma inutile a tutti e tutte.
E questo porteremo davanti ai cinema chiusi o quelli vergognosamente sgomberati, dentro quelli liberati che resistono, dentro spazi di riappropriazione collettiva.
Dal 16 al 25 Ottobre la cultura resistente ed indipendente sarà nelle strade, nelle piazze, negli spazi sociali, continuando a sperimentare pratiche di riattivazione urbana e ad immaginare traiettorie di liberazione e riappropriazione.
E non finisce qui…
E non è tutto…
# DIRITTO ALLA CITTA’
DIRITTO ALLA CITTA’ IN PIAZZA DEI SANNITI – SAB4OTT dalle 16.00
Palestre popolari, artisti di strada, osterie popolari, musica e cultura indipendente. #dirittoallacitta #Tuttiliberi Sabato 4 ottobre Piazza dei Sanniti ★Storie in piazza:Palestre popolari,artisti di strada,osterie popolari,musica e cultura indipendente ►Ore 16 Esibizioni delle Palestre popolari ►Ore 18 Artisti di strada, Murghe, Titubanda, Reading ►Ore 20 presentazione dell'agenda Urbana ►Ore 20.30: Cena popolare a cura delle osterie popolari ►Ore 20.45 Concerto di Giulia Anania | Militant-A | reggae in piazza con Lampa Dread/Sego/Baracca In visita negli Stati Uniti al Primo Ministro Renzi è scappato di bocca "Per primo ho la consapevolezza che alcune cose vanno cambiate in modo quasi violento". Doveva essere un segnale a banda larga perchè a Roma, il giorno dopo le dichiarazioni del premier, il segnale è arrivato forte e chiaro. Sono andati agli arresti cautelari due esponenti del movimento romano, Nunzio D'Erme del Centro Sociale Corto Circuito e Marco Bucci, del Centro Sociale Spartaco. Ulteriori arresti che, sommati a quelli a carico di Paolo e Luca, sono un segnale forte per tutti quelli che si oppongono all’imposizione della radicale trasformazione della città e delle nostre vite, a partire dalla svendita del patrimonio pubblico, dalla privatizzazione dei servizi, dallo smantellamento del welfare, dalla desertificazione delle politiche culturali. Gli effetti di queste politiche mortifere sono evidenti: Roma è una città, ormai, chiaramente allo sbando. Solo nelle ultime settimane: Corcolle, Tor Pignattara, l'aggressione a tre ragazze al Pigneto da un gruppo di uomini. Una famiglia con due minori è stata sfrattata a Centocelle, e durante il picchetto di solidarietà la Polizia carica senza avvertimento un gruppo di persone che volevano difendere il diritto di quella famiglia a non finire per strada. Due rappresentanti del sindacalismo di base e conflittuale licenziati in tronco per avere denunciato sui media main stream le loro condizioni di sfruttamento. Prima dell'estate otto mila bambini a Roma sono rimasti senza asilo nido. I genitori? Tutti precari o disoccupati. Nella città di Roma a scontrarsi non sono le culture, sono le persone. Ma qui sullo scontro qualcuno ha scommesso forte, perché lo scontro è redditizio tanto da aver regalato il dono dell'invisibilità al Sindaco di Roma Marino, a meno che non stia a Palazzo dei Conservatori a fare compagnia all'originale del Marc'Aurelio. Un sindaco che consegna la città alla Magistratura e alla Questura, mentre promuove incontri istituzionali con 28 sindaci d’Europa pensando di poter introdurre politiche vincenti in tema di agenda urbana a suon di investitori finanziari e grandi speculazioni senza sporcarsi le mani con le grandi sofferenze sociali che pullulano nel tessuto metropolitano. A Roma pero' sta accadendo qualcosa che i romani cominciano a realizzare, perché questo scontro tra persone, tra "razze", tra disperazioni metropolitane si sta dimostrando il più grande laboratorio di repressione sociale mai sperimentato prima, dove la chiusura di spazi di agibilità politica a suon di sgomberi e sfratti, va a braccetto con le restrizioni della libertà dei compagni da sempre impegnati nelle lotte sociali. È arrivato il tempo di ri-alzare la testa. A partire dalla richiesta della immediata scarcerazione di Nunzio e Marco il giorno dell’udienza del tribunale del riesame a metà ottobre, così come della revoca dei domiciliari per Luca e Paolo, attivisti dei Movimenti per il diritto all'abitare (udienza 10 ottobre) e degli obblighi di firma a carico di altri compagni per aver partecipato attivamente al corteo dello scorso 31 ottobre. È arrivato il tempo di ricostruire legami sociali indeboliti in una Roma mangiata dalle privatizzazioni che vuole continuare a vivere come città, a godere di spazi comuni, di servizi per tutti e dove si può respirare aria di libertà e democrazia. "Con Roma città aperta l'Italia ha riconquistato il diritto di guardarsi di nuovo in faccia" disse Jean-Luc Godard all'uscita del film. Oggi è venuto il momento di riconquistare il diritto di libertà e il diritto alla città e lo inizieremo a fare ri-prendendoci una piazza di San Lorenzo il giorno 4 ottobre, dove porteremo quella voglia di riconquistare ed immaginare quel futuro che vogliono sottrarci. Palestre popolari, artisti di strada, osterie popolari, musica e cultura indipendente. #dirittoallacitta #Tuttiliberi COMUNICATO DI LANCIO DEL 1 OTTOBRE IN OCCASIONE DELLA CONTESTAZIONE DEL MEETING A ROMA DEI SINDACI EUROPEI PER STABILIRE UN'AGENDA URBANA EUROPEA Oggi il sindaco Marino ha invitato a Roma i sindaci d'Europa per presentare la sua "agenda urbana", l'ennesimo evento vetrina che nasconde i problemi reali di questa città.</p><hr id="system-readmore" />Per questo, in una città blindata, abbiamo deciso di dare vita ad un'azione simbolica di contestazione calando uno striscione di fronte al Colosseo, nel cuore della città, quanto più possibile vicino al Campidoglio. Un'amministrazione nei fatti commissariata dal governo Renzi (vedi decreto Salva Roma) e in balia delle decisioni dei poteri di polizia e giudiziari che s'appresta a tagliare ulteriormente i servizi pubblici e a privatizzare il patrimonio immobiliare.</p> Per questo proponiamo alla città, singoli, associazioni, gruppi informali, spazi autogestiti e occupati di costruire insieme un percorso largo ed inclusivo che parli di un reale diritto alla città. Un primo momento d'incontro e confronto sarà il 4 ottobre in una piazza simbolica di Roma, Piazza dei Sanniti dalle 16 fino a serata con dibattiti, iniziative e musica. In questa occasione presenteremo la nostra agenda urbana, primo passo di questo percorso e chiederemo a gran voce, ancora una volta, libertà per Nunzio, Marco, Luca e Paolo. Assemblea per il diritto alla città
CULTURA INDIPENDENTE PER UN NUOVO DIRITTO ALLA CITTA’
CULTURA INDIPENDENTE PER UN NUOVO DIRITTO ALLA CITTA’
Il diritto alla città, una città inclusiva, costruita dal basso, aperta a tutt@ e soprattutto che contenga le garanzie volte non solo a tutelare la nostra dignità, ma ad esaltare la nostra personalità, non può che includere un aspetto di fondamentale importanza come quello della promozione e della diffusione di cultura indipendente.
Quale dignità infatti ci rimane in una città in cui, non solo la cultura indipendente non viene incoraggiata e messa nelle condizioni di articolarsi, ma sono gli spazi culturali tout court via via a scomparire, pressati dalla minaccia della rendita e del profitto?
La cultura non conviene? Allora facciamo un bel centro commerciale, un sala slot, un centro benessere oppure lasciamo tutto com’è, al totale abbandono, ed aspettiamo cambiamenti legislativi che, si sa, sotto la spinta dell’opportunità economica, potrebbero arrivare presto, determinando una rinnovata convenienza. Allora ecco che il cinema di quartiere diventa una residenza con appartamenti di lusso, il teatro vicino casa diventa un ristorante e l’altro cinema in centro, per citare l’ultimo caso del “Cinema Metropolitan” in Via del Corso, si trasformi in un atelier di moda. Oppure, ancor più drammaticamente, immobili eredi di un grande passato culturale marciscono lentamente, svalutandosi per diventare di nuovo preda di qualche scaltro speculatore.
Tutti questi cambiamenti del tessuto urbano ci ricordano, in fin dei conti, che non dobbiamo illuderci di essere persone che si relazionano, costruiscono in maniera critica, condividono e scambiano i saperi, in poche parole facciano cultura, ma solamente merce da controllare, utile ad essere sfruttata con i soldi che spendiamo, soldi conquistati faticosamente dal nostro sfruttamento. La nostra esigenza, indotta dal mondo che vediamo, quello calato dall’alto e del quale non abbiamo nessun diritto di ideazione, è solamente quella del consumo, non della produzione di valori.
Qual’è stata, in questi ultimi tempi di spregiudicata avanzata dell’interesse privato e della speculazione nel campo della cultura, la risposta della politica cittadina a tutto questo? Nell’ordine:
- Mesi e mesi di assenza di un assessore alla cultura a testimonianza dell’importanza rivolta dalla giunta comunale alla questione culturale.
- Un bando sull’estate romana 2014, ultimo colpo dell’ex assessora Flavia Barca, che ha tra i suoi requisiti fondamentali quello della “capacità di produrre indotto”, inserendo di fatto il concetto della massimizzazione del profitto accanto a un valore immateriale come la cultura.
- L’insediamento della nuova assessora Giovanna Marinelli che ha presentato la sua gestione culturale della città in una serie di avvincenti vicende: l’imbarazzante e colpevole silenzio di fronte alla serie di sgomberi estivi effettuati dalla prefettura nei confronti di spazi sociali, no profit, in cui si produceva e distribuiva cultura; una dichiarazione che diceva “più privati nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio capitolino”, oltre ad una generale riflessione che incitava a dare più spazio a privati, nella raccolta dei fondi e nella promozione del patrimonio artistico e storico di Roma; l’inaugurazione in grande stile a Luglio del parco di divertimento-culturale Cinecittà World, simbolo perfetto del modello di città vetrina(tutta forma e niente sostanza e soprattutto tutto a pagamento e quindi non per tutt@), finanziato dai grandi magnati italiani dell’industria cinematografica e il cui obiettivo è ambizioso, raggiungere 1.500.000 visitatori nel 2015 con un fatturato stimabile intorno ai 55 milioni di euro.
Ci chiediamo qual’è il fine della cultura: fare soldi o sviluppare il pensiero critico? Noi pensiamo che sia questa seconda opzione ad essere in linea con il diritto alla città. In seguito alla sgombero del Volturno, abbiamo incontrato proprio l’assessora alla cultura Giovanna Marinelli e le abbiamo domandato: “esiste al momento attuale un’alternativa diversa dagli spazi sociali autogestiti e occupati che permetta un’offerta e una gestione culturale accessibile a tutt@?”. La risposta è stata “No”.
In definitiva la sintesi tra l’approccio pubblico e quello privato nella gestione cittadina della cultura può riassumersi in questo modo: non c’è posto per luoghi e momenti culturali, a meno che questi non diventino opportunità economica. Per questo noi proponiamo un terzo approccio, “comune”, che superi gli altri due e che si basa sulla cultura indipendente.
Cultura indipendente vuol dire, brevemente, anche se è un concetto che bisogna approfondire più attentamente, uno stato di possibilità in cui la cultura è stimolata come valore intrinseco ed immateriale, quindi oltre la sua convenienza; prodotta da chiunque, non necessariamente per rispondere a quello che il mercato richiede; distribuita in modo da essere accessibile a tutt@, senza la selezione indotta dal mercato e che si basa sul potere d’acquisto che stabilisce che chi ha i soldi può accedervi, mentre chi non ce l’ha no. Cultura indipendente è una condizione che permette, alla stregua di altri beni comuni, la sua libera attraversabilità a tutt@.
Allo stato attuale, considerando l’attacco della prefettura sotto il silenzio più totale dell’amministrazione e scagliato alla “libertà nella città”, dobbiamo constatare, oltre la scarsa attenzione rivolta in generale alla cultura, la volontà politica di eliminare quegli spazi maggiormente promotori di cultura indipendente come gli spazi autogestiti e occupati che si situano in un terreno di movimento extra profitto.
E’ indispensabile per questo motivo preoccuparci della loro esistenza, resistenza e sopravvivenza, ma non solo. E’ ancora più importante richiedere che alcune condizioni culturali vengano garantite e che la questione culturale in assoluto sia realmente gestita dal basso, in comune e in maniera partecipata perché il nostro bisogno di libertà, come diceva Gaber, è raggiungibile solo attraverso la partecipazione.
#ROMPIAMOleCATENE
#LIBERIAMOinostriSOGNI
17 Set ORE 17 – ASSEMBLEA PUBBLICA PER UN NUOVO DIRITTO ALLA CITTA’
#DIRITTOallaCITTA‘ #AssembleaPubblica #PiazzaDeiSanniti#17SettembreALLE17
“L’estate sta volgendo al termine.
Un’estate che ci immaginavamo, o forse speravamo, diversa. Sgomberi, sigilli, denunce a carico di attiviste e attivisti e campagne a mezzo stampa hanno colpito realtà storiche e radicate dell’autogestione romana così come quelle più giovani e trasversali: la linea di continuità è quella di non tollerare alcuna forma di autorganizzazione che si frapponga tra la città e la sua trasformazione all’insegna di profitti e speculazioni, chiudendo ogni possibilità di trattativa possibile.
Esemplare in questo senso è quanto accade a Milano, dove spazi autogestiti vengono sgomberati in nome della legalità mentre l’Expo e gli enormi profitti che produce, nonostante gli scandali, devono essere salvaguardati e garantiti.
Così come parlano chiaro le nuove norme contenute nel Piano Casa rispetto all’emergenza abitativa. Chi non può permettersi di pagare un affitto e occupa una casa paga col distacco delle utenze e la cancellazione della residenza. Mentre la rendita immobiliare viene garantita con gli sgomberi, sacche sempre più consistenti di popolazione vengono estromesse dal riconoscimento dei diritti e delle garanzie fondamentali. La marginalizzazione sociale non è più un problema sociale ma la sua soluzione. Le pesanti misure cautelari subite da esponenti dei movimenti di lotta per la casa si iscrivono precisamente in questo inquietante quadro.
E’ in atto un pericoloso tentativo di “riscrittura” delle nostre città. Un tentativo che non tocca soltanto gli spazi sociali occupati e autogestiti ma coinvolge tutti e tutte, non ultimo il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale, che con la futura approvazione della riforma del terzo settore dovrà limitarsi ad essere esecutore materiale di politiche di contenimento imposte dall’alto. A chi è sempre stato presente sui territori e, quindi, ne conosce i reali bisogni, si toglie la possibilità di progettare e decidere insieme gli interventi da attuare.
Il risultato, a Roma, è sotto gli occhi di tutti: una amministrazione comunale incompetente che da un lato promuove una città dove si vive male e si spende troppo per gli alloggi, per i trasporti, per la carenza di infrastrutture sanitarie pubbliche di qualità, di scuole e luoghi di socialità e cultura, incentivando la speculazione dei privati; dall’altro fa pagare un conto salato chiamato “deficit di bilancio”, obbligando la città tutta a subire drastici tagli, abilmente riassunti nel decreto Salva Roma
Tutto questo in nome della tanto invocata “legalità”, in nome di un debito pubblico da risanare e di un deficit comunale a cui far fronte svendendo tutto. Lasciando come sempre indietro i servizi alla città, le tutele sociali a categorie sempre più ampie di popolazione. Ma è illegale chi costruisce tessuto sociale, autogoverno e welfare dal basso nei territori da anni oppure chi favorisce solo la desertificazione culturale, la rendita e la speculazione tentando di privatizzare e svendere in ogni modo il patrimonio pubblico?
Alla legalità rispondiamo con la legittimità. Quella legittimità che costruiamo ogni giorno insieme a tanti e che nessun potere amministrativo può mettere in discussione. Crediamo che oltre al pubblico e al privato e alla loro sempre più funesta commistione, esista un’altra idea di pubblico in quanto comune, di autentica partecipazione e costruzione collettiva.
Pensiamo che sia centrale rimettere al centro la questione di chi decide in questa città e ritornare a prendere parola su queste decisioni. Per questo invitiamo tutte le realtà che si battono contro la speculazione, le privatizzazioni e per i beni comuni, dai movimenti per il diritto all’abitare ai comitati territoriali, dai sindacati conflittuali al mondo della cooperazione, a un confronto pubblico il 17 settembre h17.30 a Piazza dei Sanniti (San Lorenzo). Per avviare un percorso comune che parli alla città, capace di promuovere una grande mobilitazione per il diritto alla città”